Dopo il successo
del primo romanzo, è da pochi giorni uscito il secondo romanzo di Rita Ruccione. La storia narrata dalla
giovanissima scrittrice siciliana si apre “in media res”: Melissa ed Alex sono profondamente innamorati, quando un brutto
incidente stroncherà la vita del ragazzo. Lei se la cava con entrambe le gambe
rotte e quando si sveglia, in una stanza d’ospedale, è reduce da un delicato
intervento durante il corso del quale le è stato trapiantato il cuore. I suoi
genitori, preoccupati per il suo stato di salute, le nascondono la verità,
facendole credere che il ragazzo l’abbia lasciata per orgoglio. Melissa entra
in una profonda depressione che la porterà a rifiutare il mondo intorno a lei
ed a cercare sempre più fortemente l’amato, fino al giorno in cui vedrà inciso
su una lapide bianca il suo nome. Attraverso flashback, intrecci, ricordi e
stratagemmi letterari, Melissa ripercorrerà la sua storia d’amore con Alex e
manterrà vivo il suo ricordo anche attraverso la stesura di un diario, ma
niente, nemmeno l’amore incondizionato di un altro ragazzo riuscirà a darle una
rassegnazione al fatto che Alex sia morto. La crisi esistenziale della ragazza
si accentuerà quando la madre si ammalerà di cancro ed ancor di più quando ella
morirà, svelando in punto di morte un terribile segreto tenuto nascosto agli
occhi della ragazza per cinque lunghi anni.
Con maestria
impropria alla sua età, Rita Ruccione riesce a descriverci come una bugia possa
rovinare un’intera esistenza, come due destini possano inesorabilmente
separarsi a causa di una lettera mai letta, come spesso la felicità sia un
attimo. “Il cielo può attendere” è
una storia intrisa di dolore, vissuta da una giovane donna che sentirà gravare
sulle sue spalle il peso della menzogna, come il mondo sulle spalle di Atlante.
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acquistarne una copia rivolgendosi alla stessa autrice: cell. 3295814157.
Intervista a Rita…
Dopo un anno dall’uscita del tuo primo romanzo, vuoi
raccontarci cosa significa pubblicare un libro a sedici anni?
E dopo un anno dall’uscita del mio primo
romanzo, eccomi a raccontarvi cosa significa pubblicare un libro a sedici anni.
In un paese piccolo come Caltavuturo, spesso la diversità è vista in malo modo,
ed avere sedici anni e distinguersi dalla massa sovente pesa sulle proprie
spalle, come il mondo sulle spalle di Atlante. Per poter sopravvivere in una
realtà del genere, servono coraggio e grande grinta, ma soprattutto la forza di
saper credere in sé e nei propri sogni, fino a volersi mettere in gioco contro
tutti, ma mai contro se stessi. L’esperienza che mi trovo a raccontarvi
raccoglie più cose negative che positive, ma questo non significa che non ne è
valsa la pena. Di positivo c’è solamente che ho realizzato un mio sogno, che ho
raggiunto un traguardo, che però non è un traguardo, bensì una partenza; di
negativo c’è tutto il resto: i tuoi coetanei ti guardano con occhio diverso,
come se avessi la peste, ti fanno pesare il fatto che sei diversa, che non sei
come loro - come loro vorrebbero, arrivano addirittura a deriderti per il
semplice fatto che tu abbia scritto un libro.
Ci sono fatti concreti? Hai ricevuto insulti, ingiurie,
minacce verbali, o è soltanto una tua impressione?
Sì, i fatti parlano chiaro. Ti puntano il
dito contro, ti insultano, come se tu fossi un criminale, come se fossi il
peggiore dei delinquenti. Gli insulti che ho ricevuto sono molto forti, e non
mi sembra il caso di rivelarli su un giornale. La più “leggera” che ho ricevuto
è stata: “Bruciati tu con tutto il libro”, ma questo non è niente, confrontato
a tutto il resto!
Come la vivi tu questa situazione?
Mi chiedo perché mai, in una società di
eguali, i giovani non debbano sostenersi vicendevolmente, o semplicemente
aiutare il proprio paese a fare un salto avanti. Ci lamentiamo che a
Caltavuturo non c’è niente, ma Caltavuturo siamo noi, siamo noi ragazzi, spesso
con una mentalità ancora più chiusa dei nostri nonni. Il sostegno che ho
ricevuto, difatti, è stato solamente quello della gente matura e acculturata,
quella che sa e che crede che in ogni giovane ci sia un pezzo di futuro.
Comunque, nonostante tutto ciò io non mi arrendo, e proseguo sulla mia strada,
pur sapendo che il chiacchiericcio non cesserà, non appena uscirà il mio
secondo romanzo. Ma a me che importa? È il mio sogno, e il tempo è galantuomo,
restituisce tutto a tutti. Chi vuole intendere intenda!
Cosa vorresti dire a tutta questa “gioventù” che non è
solidale nei tuoi confronti? Che io non mi arrendo, che siccome là fuori
ci sta gente che mi dice che non posso andare da nessuna parte, che non ho
speranza, che non ho futuro, io porto fuori con tutta la mia forza i miei
sogni, e glielo dico, a quelli là, che il meglio deve ancora venire!
Salvatore Sciortino