Quarant’anni
di vita culturale in briciole nelle lettere di Mariano Campo indirizzate al suo
migliore amico Mariano Caldarella.
Kant per quel prete non aveva segreti
La
lettera fa parte di un corposo epistolario corso tra i due sacerdoti. L’uno
cattedratico, studioso di filosofia kantiana, l’altro, il Caldarella, ottimo e
austero presbitero della chiesa palermitana che però - se si eccettuano gli
anni giovanili che lo videro soldato nella guerra 1915 / 1918 - non si spostò
mai dalla natia Sicilia. Tant’è vero che il titolo del volume, privo di
sottotitoli esplicativi - «Lettere a Caldarella» - a tutta prima può suscitare
un poco di sconcerto nel lettore non specialista di storia locale.
L’impressione è subito fugata sfogliando il libro. L’opera è in due parti
distinte, in veste accurata e dotata di un minuzioso apparato scientifico di
taglio storico, critico e cronologico a cura di Paolo Grillenzoni, docente di Storia
della Filosofia presso la sede piacentina dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore.
Un
lavoro che in 469 lettere, con varietà di toni e di colori nonché con ricchezza
di allusioni e di incontri - da Gemelli a Olgiati, da Franceschini a Vanni
Rovighi, da Guardini a von Hildebrand solo per ricordare qualche nome -
compendia vivacemente quarant’anni di vita culturale. Se il nome di Caldarella
può non dire molto, sono noti il nome e l’opera del sacerdote e filosofo
siciliano Mariano Campo che nacque a Caltavuturo, in provincia di Palermo, il
23 settembre 1892 e morì a Cefalù il 29 gennaio 1976. Un nome legato in modo
particolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore e all’università di
Trieste. Ancora bambino dopo gli studi elementari Campo era entrato nel
seminario di Cefalù dove gradualmente sarebbe maturata la sua chiamata al
sacerdozio unita a una intensa passione letteraria e umanistica, attenta alle
correnti culturali più vive del momento in Italia e in Europa.
La
vocazione agli studi filosofici maturò in un secondo momento, grazie anche
all’incontro con una figura di spicco del clero e della vivace cultura
palermitana del primo Novecento: monsignor Onofrio Trippodo. Campo si era
iscritto nel 1911 alla facoltà di Lettere dell’università di Palermo e sostenne
regolarmente gli esami fino al 1913. Quindi fu mandato a Roma - al collegio
Capranica - per conseguire la licenza in diritto canonico. Nel 1915 fu ordinato
sacerdote. Poi la grande guerra venne a intralciare i suoi studi. Il giovane
prete adempì agli obblighi militari: fu tenente cappellano meritandosi, tra
l’altro, la medaglia di guerra perché ferito nella sua opera di assistenza e di
conforto prestata sul Piave. A guerra finita fu a Cefalù come direttore
spirituale del seminario. Si laureò con Giovanni Alfredo Cesareo nel 1921,
discutendo una tesi sullo studio del linguaggio. Nel 1929 il vescovo di Cefalù,
Giovanni Pulvirenti (proprio quello che in seguito all’assassinio di Matteotti,
ricorrendo poco dopo il 25° di regno di Vittorio Emanuele III aveva rifiutato
di cantare il Te Deum di ringraziamento) consentì al giovane Campo di
trasferirsi a Milano per perfezionare gli studi presso la Cattolica - quindi dalla
sede ambrosiana tra il 1929 e il 1939 effettuò diversi e ripetuti spostamenti
in Germania e in Austria dove dal 1933 e il 1934 - interessanti i riflessi
epistolari sull’ascesa al potere del nazismo - strinse amicizia con il giurista
Salvatore Riccobono e il germanista Nicola Accolti Gil Vitale.
Nel
1939 pubblicò in due volumi lo studio Cristiano Wolff e il razionalismo
precritico (Milano) base delle successive esplorazioni del pensiero di Kant.
Insegnò filosofia alla Cattolica, al liceo San Carlo. E fu anche libero docente
di Storia della filosofia presso la facoltà di Lettere nonché lettore presso il
Magistero. Dopo la guerra avrebbe pubblicato la Genesi del criticismo
kantiano (Varese, 1953). Docente straordinario a Trieste nel 1954, vi operò
fino al 1967. Campo ha lasciato una vastissima produzione di saggi, studi e
appunti in parte inediti sull’esegesi e sulla critica kantiana.
Raffaele
Alessandrini
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